Cos'è
l'aerodinamica? Già il nome ci suggerisce che l'aerodinamica è
la scienza che studia la dinamica, cioè il movimento, del fluido
nel quale si muovono la maggioranza dei mezzi di trasporto
costruiti dall'uomo. Perché lo studio di questa scienza è così
importante nella progettazione delle automobili ed in
particolare di monoposto di F1? Perché l'aria (che si presenta
come un gas trasparente difficile da indagare e studiare con
semplici strumenti, tanto da rendere necessaria la costruzione
di costosissimi impianti quali le gallerie del vento) acquista
moltissima importanza quando un corpo si muove in
essa, condizionandone pesantemente il moto a causa della
resistenza che il fluido esercita sul corpo e delle interazioni
reciproche che si vengono a creare (basti pensare ad una piuma
che cade a terra molto più lentamente di una sfera di piombo,
nonostante la legge di gravitazione universale gli imponga (nel
vuoto!) di cadere con la stessa accelerazione di 9,8 m/s2).
E' evidente quindi quanto, fin dai
primordi, lo studio aerodinamico sia stato una componente
fondamentale della progettazione di auto da corsa e l'importanza
di questa componente aumentava con l'incremento delle potenze
dei motori e quindi delle velocità massime.
L'inizio
La
F1, rappresentando fin dagli esordi nei primi anni '50 la punta
di diamante delle competizioni automobilistiche mondiali, dette
modo ai progettisti di dare il meglio di sé in ogni settore. In
particolare l'aerodinamica assunse subito un ruolo abbastanza
importante (nonostante i limiti tecnologici dell'epoca), in
quanto, per definizione, le monoposto di F1 hanno il grosso
handicap delle ruote scoperte, che rappresentano un notevole
freno aerodinamico. Si presentava quindi il problema di trovare
una forma per i bolidi che garantisse la miglior penetrazione
nell'aria. I primi progettisti non dovettero sforzarsi più di
tanto nell'individuare tale forma, dato che era già presente in
natura: la goccia.
La
leggendaria Auto Union del '37
Seguendo
una moda che era già in voga nel periodo fra le due guerre, le
fusoliere venivano disegnate con la forma più affusolata
possibile, piazzando apposite bombature alle spalle del pilota o
nelle fiancate (vedi la D50) in modo da rendere il più
possibile laminare il movimento (relativo) dell'aria attorno al
corpo vettura e quindi da limitare le turbolenze.
La
Ferrari D50 (che era in origine un progetto Lancia) vinse il
mondiale di F1 nel '56 con Fangio
Gli
anni '60
Durante
gli anni '60 l'estremizzazione della ricerca della massima
penetrazione aerodinamica portò alla progettazione di macchine
sempre più lunghe (anche a causa del motore posteriore), e
sottili, con la posizione del pilota sempre più sdraiata, tanto
da rendere celebre la loro forma a "sigaro".
Il
compianto Jim Clark con la mitica Lotus 33
Ma
nel '67 su molte vetture comparvero delle appendici che
avrebbero stravolto la forma delle monoposto negli anni a
venire: le ali. L'introduzione delle appendici alari, sfruttando
la notevole spinta in basso prodotta, permise di incrementare
notevolmente le velocità di percorrenza delle curve e il
problema derivante dalla notevole resistenza all'aria che tali
appendici generavano venne quasi subito superata introducendo
gli alettoni mobili.
Queste appendici evolute venivano regolate direttamente dal
pilota in corsa, il quale, agendo su una leva, le inclinava
prima della frenata per rallentare più efficacemente,
percorreva la curva velocemente, sfruttando la maggior
aderenza sull'asfalto e una volta nel rettilineo posizionava
l'ala in orizzontale, così da minimizzare il freno aerodinamico
e sfruttare appieno la potenza del motore. Tuttavia lo scarso
livello della tecnologia dell'epoca e anche l'impossibilità di
evitare guasti ad un così delicato meccanismo, causarono
numerosi tragici eventi, che culminarono con un drammatico
incidente nel GP di Spagna del '69, dove cedettero le ali sulle
Lotus di Rindt e Hill. Per la prima volta il potere sportivo
impose dei limiti sull'aerodinamica delle vetture imponendo
delle ali fisse.
Gli
anni '70
Gli
anni '70 hanno rappresentato a mio avviso il decennio più
fertile e generoso di idee per la F1, perlomeno nel campo delle
innovazioni aerodinamiche delle vetture, con l'introduzione e
l'affermazione di nuovi concetti alla base della progettazione
dei telai e delle appendici. Nei primi anni del decennio
le vetture erano caratterizzate dalle ali, obbligatoriamente
fisse, agganciate al corpo vettura in posizione più bassa
rispetto alle prime apparizioni nelle auto degli anni '60 (che
avevano appendici rialzate rispetto alla scocca). L'aumento
delle dimensioni delle ruote, l'introduzione dell'airscoop (la
presa d'aria per l'alimentazione del motore) e lo spostamento
dei radiatori nelle fiancate fecero mutare radicalmente
l'aspetto delle monoposto, che apparivano ora più larghe e
schiacciate al suolo, con varie estremità che rendevano vario e
spigoloso l'andamento della carrozzeria.
Emerson
Fittipaldi, iridato nel '72 con la Lotus
Era
un periodo in cui era molto facile riconoscere una squadra
dall'altra, per la grande diversità e varietà delle soluzioni
adottate da ogni progettista, un periodo in cui anche una
piccola squadra, come la Hesketh, poteva togliersi la
soddisfazione di stare davanti ai marchi più blasonati
semplicemente sfruttando l'ingegno e l'intuito dei propri
ingegneri. Forse fu proprio la nuova forma assunta dai telai, più
bassi, larghi e schiacciati a terra, a suggerire a Colin Chapman
di sfruttare un'altro principio della fluidodinamica, dopo
l'introduzione delle ali, dando il via ad una nuova rivoluzione:
l'effetto Venturi.
La
prima macchina ad "effetto suolo", la Lotus 78 del
'77, non passò certo alla storia per le sue poco esaltanti
prestazioni, ma fornì la base per la vettura evoluzione, la
Lotus 79, che vinse il mondiale nel '78 e dettò legge in fatto
di progettazione delle monoposto degli anni a venire.
Lotus
79 campione del mondo con Andretti nel '78
Tanto
era efficace la deportanza creata dall'effetto suolo che si
ridussero sempre più, fin quasi a sparire, le
"vecchie" appendici alari che ormai presentavano più
svantaggi che vantaggi (quella anteriore "sporcava" il
flusso d'aria in entrata nelle fiancate).
Lotus
80 nel '79 con minigonne sul muso.
De Cesaris con la Lotus
Non
solo, c'e chi esasperò questa ricerca dell'effetto suolo, come
la Brabham nel 78 che portò ad un gran premio un macchina col
fondo completamente sigillato ed un ventilatore sulla parte
posteriore che toglieva
aria dal fondo vettura, abbassandone la pressione. Un effetto
suolo forzato! La squadra sostenne che il ventilatore
serviva a raffreddare il motore, ma a fine gara l'irregolarità
divenne palese e scattò la squalifica. Il carico deportante
generato dalle fiancate ad ala rovesciata (da qui il nome di
vetture-ala) abbinate alle minigonne, sorta di bandelle, strisce
scorrevoli di materiale rigido, che sigillavano il fondo delle
vetture, con l'aggiunta delle enormi potenze raggiunte con
l'introduzione dei motori turbo proprio negli stessi anni,
resero le Formula 1 dei mezzi difficilissimi da gestire da parte
dei piloti. In curva si raggiungevano livelli di accelerazione
laterale da pilota d'aereo, sottoponendo il fisico ad un
grandissimo sforzo. Ne risentì moltissimo anche lo stile di
guida, a causa delle sospensioni, che dovevano essere regolate
più rigide per mantenere la vettura parallela all'asfalto, e le
auto erano come poste su dei binari, era impossibile o quasi
cambiare traiettoria in curva, una volta impostata. Le macchine
erano difficilmente controllabili, spesso era difficile
correggere un errore di guida, il controsterzo stava sparendo (Gilles
Villeneuve era un'eccezione che però conferma la regola!!).
E c'è da dire anche che
quando una vettura, urtando, alzava il musetto, in velocità,
quasi sempre spiccava il volo, proprio per quella particolare
forma alare, finendo a volte anche nelle tribune.
Questi
fattori e anche altri, come i frequenti cedimenti delle
minigonne, furono la causa di molti gravi incidenti, proprio per
questo motivo nell'83 la federazione internazionale pose
un'ulteriore, pesante limite sulle vetture di F1, bandendo l'uso
delle minigonne e dell'effetto Venturi (tollerato solo
limitatamente agli estrattori), mettendo fine ad un'era.
Proprio
nel bel mezzo dell'epoca delle minigonne e dei fondi ad effetto
suolo, si fece notare una squadra , la Tyrrel, che presentò una
soluzione molto interessante che rappresentò però un episodio
abbastanza isolato e quasi subito stroncato dalla federazione
internazionale. Si tratta del progetto della monoposto a 6
ruote, finalizzato alla ricerca di una migliore penetrazione
dell'aria, attraverso l'uso di quattro piccole ruote anteriori,
anziché le consuete due più grandi. naturalmente gli
inconvenienti tecnici non erano pochi, a cominciare dalla
maggior forza centrifuga subita dal pneumatico (a parità di
velocità della monoposto una ruota più piccola deve girare più
velocemente) e anche il sistema di tiranti dello sterzo era
decisamente complicato (dovendo garantire un'inclinazione
diversa per ogni ruota). Nonostante ciò la monoposto si fece
notare con alcune vittorie, prima di essere bandita per
regolamento.
La
Tyrrel P34-Ford nel '77
Gli
anni '80
Negli
anni '80, a seguito della forte limitazione dell'effetto suolo,
si vide un rifiorire di appendici alari, anche molto vistose,
fatto che evidenzia il notevole sforzo dei progettisti per
tenere a terra quei mostri che avevano ormai raggiunto i
1400 cavalli di potenza (in qualifica). La monoposto più
celebre e significativa del periodo è la Brabham dell'83, con
la caratteristica forma a freccia.
Patrese
con la Brabham BT 52 BMW Turbo
Ma
ben presto si instaurò una nuova tendenza, la rastremazione
delle fiancate ed in particolare della parte posteriore delle
vetture, dando origine alla famosa forma a
"coca-cola", il cui precursore è stato l'allora
progettista della Mclaren, John Barnard.
Lauda
con la Mp4/2 nell'85
In
effetti non si tratta altro che della ricerca, ancora una volta,
della miglior penetrazione aerodinamica, cercando di favorire il
defluire dell'aria attraverso la vettura nel modo meno
turbolento possibile, una ricerca necessaria, in quanto nella F1
moderna il freno aerodinamico non è più costituito solo dalle
ruote scoperte, ma anche e soprattutto dagli alettoni!(Vedi: il
Cx delle F1 moderne).
Gli
anni '90
Allinizio
degli anni '90 vide la luce, sulla Benetton progettata da Rory
Byrne, un'altra soluzione che cambierà significativamente
l'aspetto delle monoposto: il muso alto. Pur presentando lo
svantaggio di innalzare il baricentro della
vettura, il muso alto permette un maggiore afflusso di aria nel
fondo scocca, il quale, nonostante l'assenza di sigilli e
l'altezza minima da terra fissata per regolamento, presenta
ancora un certo effetto suolo.
Durante
gli anni '90 le forti restrizioni nelle misure delle appendici
alari hanno reso le monoposto molto più simili fra loro ed è
diventato molto più difficile per gli ingegneri inventarsi la
scelta totalmente controtendenza che alla fine ripaghi in
termini di prestazioni. L'unico vero cambiamento è stato l'uso
generalizzato, dopo il '95, del muso alto stile Benetton.
Non
a caso l'ultima "genialata" in ordine di tempo, che ha
lasciato tutti a bocca aperta per l'azzardo mostrato e anche per
il vantaggio effettivo ricavato, riguarda l'introduzione del
muso "semi-basso" nella Mclaren di Newey del '98
(Vedi: muso alto o muso basso?).
Lo
studio aerodinamico si è spostato oggi su dettagli come le
carenature delle sospensioni , i deviatori i flusso, i nolder,
le paratie degli alettoni, studio che necessita delle gallerie
del vento, enormi, costosissimi impianti che riproducono le
condizioni di gara.
La
galleria del vento della Ferrari progettata da Renzo Piano, con
schema.
Le
ultime soluzioni riguardo le appendici aerodinamiche riguardano
la ricerca di materiali elastici, con cui costruire ali
"variabili" a seconda delle velocità. Un ritorno
all'antico, ma molto al limite del regolamento, a discapito
della sicurezza (vedi: ali che si flettono).
L'aerodinamica
nella F1 moderna
"Aerodynamics
is where the most performance gains can be made, but
making these advances in order to be competitive is
difficult"
|
Mike
Gascoyne, Technical Director, Jordan GP
|
"L'aerodinamica
è il settore dove può essere creato il miglior guadagno in
termini di performance, ma ottenere questi progressi tanto da
diventare competitivi è difficile". In questa frase del
progettista della Jordan, Mike Gascoyne è sintetizzata
l'importanza dell'aerodinamica nella F1 moderna, profondamente
diversa dalla F1 di 30 anni fa, dove spesso la potenza e
l'affidabilità di motori quali il Ford-Cosworth e il FerrariV12
sopperivano alle insufficienze aerodinamiche delle vetture che
li montavano. Oggi molto spesso si può guadagnare, su una pista
media, anche mezzo secondo al giro solo portando ad un gran
premio un'evoluzione di un'ala provata per qualche giorno in
galleria del vento con la spesa di poche migliaia di dollari,
mentre per ottenere lo stesso vantaggio di prestazioni con
un'evoluzione del motore occorrerebbero mesi e milioni di
dollari, con lunghi test al banco ed in pista ed il pericolo di
un guasto che si moltiplica con l'incrementare delle
prestazioni.
Per
questo è fondamentale oggi lo studio quasi maniacale dei
dettagli di una monoposto, dalle paratie degli alettoni
anteriori a quelle posteriori, dai deviatori di flusso, alle
sospensioni col profilo alare (vedi: le sospensioni dell'Arrows
A21), dalla zona "coca-cola" sempre più rastremata,
alle alette davanti alle ruote posteriori, alla forma dell'airscoop,
al
disegno delle protezioni ai lati del casco dei piloti, agli
estrattori, al divergente posizionato sotto il muso, fra le
ruote anteriori, alle prese d'aria, alla sezione del muso sempre
più piccola (anche sfruttando stratagemmi al limite del
regolamento).
Senza
entrare troppo nella trattazione di ogni singola parte della
monoposto che risulterebbe qui troppo ampia si possono fare
alcuni esempi per rendersi conto del livello di sofisticazione
raggiunto oggi
Il
primo riguarda la galleria del vento della Benetton, costruita
nel '98 e costata oltre 15 miliardi, che presenta ancora una
volta una soluzione presa in prestito dall'aeronautica, la
pressurizzazione.
Le
gallerie del vento usate oggi dalle scuderie in F1 non sono in
grado di ospitare modelli in scala 1:1, arrivando al massimo a
modelli 1:2, con i conseguenti limiti di validità dei parametri
riscontrati nelle prove. Attraverso la pressurizzazione a 2
atmosfere i valori registrati sono molto più simili alla realtà
anche per modelli in scala.
L'importanza
della corrispondenza fra i valori reali e quelli misurati in
galleria del vento è evidente e spesso i limiti di queste pur
costosissime strutture hanno giocato dei brutti scherzi ai teams,
come alla Ferrari che l'anno scorso sviluppò un'aletta davanti
alle route posteriori che in galleria (dove si raggiungono al
massimo velocità relative del vento rispetto al modello di 250
Km/h) dava buoni valori di deportanza, ma in una successiva
prova sul rettilineo di Vairano, superati i 330 Km/h, dava
addirittura portanza!
A
chi non vengono i brividi osservando la foto qui sotto?
I
deviatori di flusso sono una delle componenti delle monoposto più
studiate degli ultimi anni, ma sul loro reale valore ci sono
molte perplessità (non solo dovute a presunte irregolarità...).
Basti pensare alla bellissima gara di Schumacher in Austria nel
'98, quando in un'uscita di pista perse completamente queste
appendici, esibendosi in una rimonta che ha fatto venire il
dubbio a molti se quelle alette non facciano andare più
piano...
L'importanza
delle ali come risorsa per garantire più grip alle ruote
sull'asfalto è cresciuta in particolar modo dopo il '94, quando
in seguito ai drammatici incidenti di Barrichello, Ratzenberger
e Senna, la FIA introdusse in fondo scalinato, che impone alla
vettura un limite minimo di altezza da terra di 5 cm, al di
fuori di un canale centrale dove è normalmente posizionata la
zavorra della vettura e dove la federazione ha imposto uno
"scivolo" di legno che garantisca il rispetto delle
norme (lo scivolo
di legno non si può consumare oltre 1 mm!).
Nella
F1 moderna il carico deportante è da attribuire in media per
2/3 alle ali (in particolare quella posteriore) e solo per 1/3
al fondo e all'estrattore posteriore.
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By Ricca
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