Gli uomini
Il Macalesi Maurizio, prima il cognome poi il nome per quel
vizio che si prende a scuola, sul suo biglietto da visita ha fatto scrivere con
orgoglio "operaio". Come un altro esibisce titoli accademici, cariche
aziendali, quarti di nobiltà. Perchè «non è mica un operaio qualunque”, è
un operaio Ferrari. E in più, lui, fortunato tra i fortunati, sta lì a veder
nascere la stella del momento. Presidia, con un piano di lavoro pinzato su una
di quelle tavolette rigide dei sergenti istruttori americani, la breve linea di
montaggio della “F5O", la più preziosa, tecnologicamente parlando, e
prestigiosa del mondo. Una cinquantina di metri in tutto, dentro ci stanno
cinque o sei macchine. Intorno altri orgogliosi ragazzi che religiosamente
avvitano il motore alla monoscocca, poi le sospensioni, poi il telaietto
davanti, poi le ruote, i sedili, il volante. Che altri hanno religiosamente
costruito in angoli della fabbrica e altri hanno progettato ai computer. Qui lei
Cresce, da niente diventa una cosa che va. È bellissimo”.
Viva la Ferrari, che riesce a farsi amare anche da chi per lei fatica e suda.
Viva la Ferrari, che riesce ad alzare sempre più in alto il limite
della ambizioni proprie e dello stupore altrui. Viva, viva questa Ferrari «F50»
che sembra una visione ma è reale. Che ha il sapore di una sfida universale.
Idea affascinante, ma poi la realizzazione? Amedeo Felisa, direttore tecnico
della Ferrari che ha riversato nella F5O tutte le furbizie da ingegnere, è
quasi stupito “Di far rientrare nei limiti delle norme di sicurezza
internazionali un’auto nata per la pista”. Sicurezza e durata, di questo
doveva tener conto Battistino Carniglia, direttore del progetto «Ma anche
prestazioni, naturalmente, in ogni senso. Per vedere dove si può arrivare.
Qualcuno dice che non ha senso un’auto così per il traffico normale? È
un’opera d’arte tecnologica”. Però Camiglia ha dovuto chiedere a Carlo
Della Casa sospensioni da pista che fossero soffici come in una berlina. È
intervenuto anche Giorgio Panini, con la sua trentennale esperienza di pista e
di F.1 dal vero. “Non è stato facile; in gara le sospensioni devono durare
qualche ora poi si possono anche buttare. Qui no.Si è dovuto inventare,
inventare...”
E il povero Paolo Martinelli, ora responsabile dei motori F.1, ha dovuto
addomesticare l’indomabile 12 cilindri fatto per dare il meglio di sè intorno
ai 15.000 giri. «Il problema era non rinunciare alle prestazioni e permettere
alla “F50” di ripartire ai semafori, di viaggiare a mille giri e poi
correre. Se ce l’abbiamo fatta? Basta fare un giro per capire”. E adesso che
è fatta, che va, tocca a Michele Scannavini direttore commerciale e del
marketing, venderla. Ma c’è il trucco. Ne faranno 349, esattamente, perchè
le indagini presso i rivenditori hanno individuato un potenziale di 350 clienti
“adeguati”. E Ferrari, Enzo, diceva che bisognava sempre produrre una
macchina in meno rispetto alla domanda. Quindi già tutte vendute? “Ogni epoca
nell’avventura Ferrari ha avuto un pezzo storico che i collezionisti non
possono perdere. Le venderemo Anche a Tahiti dove esiste un, luccicante, salone
Ferrari?
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Foto di gruppo con Regina
Il tecnico Giorgio Panini, qui con l'operaio Maurizio
Macalesi (a destra), si è occupato
del progetto della telaistica
Ingegnere Paolo Martinelli responsabile
del V12 dell ' F50
L'ingegner Amedeo Felisa, direttore tecnico:
Superati tutti i test di sicurezza
L'ing. Carlo Della Casa per le sospenzioni
ha sfruttato le esperienze delle corse.
Michele Scannavini, direttore commerciale
e marketing che dovrà vendere i 349
"esemplari unici" al meglio nei più importanti mercati
L'ingegner Battistino carniglia, direttore del progetto
sulla linea di montaggio dell "F50" .